Numerosi critici hanno scritto del Maestro Carena; di seguito troverete alcune testimonianze rappresentative.


[...] Il tema del "cielo" diventa il leit-motiv ossessivo e ammiccante del lavoro di Carena, che conia per le sue immagini i neologismi: "cielismo", "cielagione", "nuvolare" e altri, avvalendosi "della vocazionale tecnica del carrozziere verniciatore"... Così con la luce e il colore trasmessi sulla tela attraverso un pennello ad aria, Carena va a creare l’artificio dell’"oggetto cielo in primo piano", in grado di attrarre emotivamente l’osservatore, il quale si trova a impattarsi con il tangibile e l’impalpabile allo stesso istante. Le immagini si propongono scorrevoli e mutanti in un continuum che non si lascia fermare dalla forma di un cubo o di un parallelepipedo, perciò il quadro si presenta mai del tutto finito, per lasciare aperta una continua reinvenzione [...]
                                                                                                                 Marisa Vescovo

[...] Opere simili (i dipinti di Carena, Ndr) propongono con mezzi molto sottili "arragiamenti" strutturali che partecipano a un possibile ordine coniugato ai nuovi postulati. Si situano agli antipodi degli "archeologismi" felicemente denunciati da Dalì come una delle malattie del nostro secolo, e ci rassicurano sulla continuità di quello che le nostre civiltà hanno saputo salvaguardare in profondità, al di là di tutte le comodità sociointellettuali, che altro non sono se non le possibilità della mediocrità [...]
                                                                                                                Michel Tapié

[...] Nuovo e inedito lirismo dunque, non contemplante, ma attivamente partecipante, ritmato non su un ricordo, ma su un flusso appunto fenomenologico, di progressione attiva e consapevole, pur nei suoi inevitabili abbandoni. Se si estendesse il quadro, escludendovi la più caratteristica "action painting" nordamericana, vedrei convergervi, invece, grosso modo, un Rothko. Per questo le superfici matericamente impressive che realizzava Carena nel '56 e '57 non valevano in quanto muri, alla Tapies, bensì in questa sorta di condensazione lirica, ove una distillata cromia ha sempre un ruolo preponderante. E ugualmente quegli accenni di gesto più espliciti nelle tele che lo rivelarono definitivamente nel '58.[...]
                                                                                                               Enrico Crispolti